E ALLA FINE DIVENNERO AMICI

La Capoeira Angola di Mestre Pastinha

Il suo incontro con la capoeira fu voluto dal destino, aveva solo undici anni quando incontrò per la volta il suo maestro Benedito.

Vicente Ferreira Pastinha era un giovanotto dalla corporatura esile e dalla carnagione color caramello.

Ogni qual volta che usciva di casa per andare a fare compere, incontrava un altro giovanotto, più grande di età, che aveva una muscolatura assai robusta e massiccia, tutto il contrario di lui. Costui faceva sempre il gradasso e gliene dava di santa ragione, senza alcun motivo.

Ma, prima o poi, tutte le azioni cattive hanno un prezzo da pagare: c’è sempre qualcuno più forte di te! Per quel ragazzaccio arrogante, le cose andarono esattamente così.

Un giorno, guardando fuori dalla finestra di casa sua, un anziano signore africano vide tutta la scena e si sentì molto dispiaciuto per quel gracile ragazzino innocente, che non meritava di essere preso a pedate da un pallone gonfiato che si credeva chissà chi.

Sentiva di voler fare qualcosa ma pensò che intervenire non era la soluzione migliore: il ragazzino si sarebbe sentito ancora più debole e sminuito se veniva difeso da un nonnetto come Mestre Benedito.

La cosa buffa è che osservandolo non ci si poteva mica immaginare che quel vecchietto, in realtà, era un grande capoeirista e che con un solo colpo poteva mettere a terra qualunque l’avversario.

Quella notte l’anziano capoerista non riusciva a dormire, disturbato dal pensiero delle continue zuffe tra i due ragazzini e, l’indomani, vedendo dalla finestra arrivare il giovane Vicente gli andò incontro.

Vicente rimase molto sorpreso nel vederlo avvicinare, non riusciva a comprendere le sue intenzioni.“Forse”, pensò, “vorrà un pezzo di pane o una moneta perché è rimasto solo”.

Il Mestre però si limitò ad fargli un cenno e a bisbigliargli da lontano: “pssss pssss” … “giovanotto” … “domattina svegliati presto e, prima di andare a comperare il pane, passa nel mio Cazuà (che era la sua casa: un luogo sicuro dove stare bene e praticare capoeira), ti aspetto alle sette in punto, ti raccomando, non fare tardi!”

Il piccolo Vicente era piacevolmente incuriosito, ma voleva saperne di più, così di avvicinò all’anziano signore e gli chiese “come mai dovrei venire da Lei signore?”

“Ho assistito fin troppe volte alle tue zuffe con quell’arrogante sbruffone e voglio aiutarti” … “tu non puoi batterti con lui, sai, perché lui è più robusto e grande di età. Il tempo che perdi ad accumulare rabbia, lo puoi spendere meglio qui con me. Voglio insegnarti qualcosa di grande valore.”

Ancora più colpito e affascinato, il piccolo Vicente decise di ascoltare il suo consiglio e, il giorno seguente, si presentò per la prima volta alla sua porta.

Da quel giorno in poi, si presentò ogni giorno al cospetto di Benedito sempre puntuale , attratto dai suoi modi gentili e dal fascino del suo insegnamento.

Ci mise un po’ per comprendere il valore di ciò che il suo maestro gli stava insegnando: molte cose che lui gli mostrava erano alquanto bizzarre e spesso si domandava come poteva usare quelle strane mosse per difendersi.

Anche se la curiosità era molta, egli non fece troppe domande e decise di fidarsi della saggezza del vecchio.

Infondo, pensò, nessuno si era mai tanto interessato a lui in quel modo.

Il maestro gli dedicava ore e ore, era proprio affezionato al piccoletto!

Il Mestre parlava poco, anzi, spesso non diceva niente più che “seguimi Pastinha!” (il Mestre lo chiamava per cognome) e si metteva a fare uno strano ballo oscillando qua e la per la stanza con dei movimenti morbidi e lenti.

Ogni volta che il piccolo Pastinha lo vedeva si metteva a ridere tra e sé e sé “mi ricorda una buffa zebra che saltella qua e la” pensava in modo giocoso e affettuoso, senza però darlo mai a vedere.

Non potendo rifiutarsi di provare anche lui, si buttò con slancio nella “danza della zebra” nella quale si sentiva estremamente goffo ed impacciato. Ammirava invece l’agilità con cui Mestre Benedito si muoveva, malgrado l’età.

“Mestre” … “quando imparerò a difendermi?” osò chiedergli un giorno.

“Stai già imparando mio caro” e, sorprendentemente quel giorno si mise a parlare a lungo.

“Ragazzo” … gli disse … “dovrai avere pazienza, quello che ti sto insegnando è qualcosa di prezioso, è un modo di pensare, è un’attitudine che creiamo dentro di noi, devi imparare ad essere scaltro, solo allora potrai lottare con la malizia degli africani della mia terra, l’Angola”.

Fu proprio in quel momento che Pastinha iniziò a comprendere che il suo maestro era pieno di segreti ancora da svelare e che questi andavano ben oltre le tecniche di lotta.

Un giorno, inaspettatamente, Mestre Benedito era di ottimo umore. Se ne stava seduto e suonava uno strumento fatto da un bastone, un filo di rame e da una zucca, il birimbau! Rideva allegro e cantava canzoni popolari che il giovane Pastinha aveva già sentito prima, delle quali, però, non aveva mai ascoltato bene le parole. La sua musica parlava di schiavi, marinai, donne e bambini, storie di gente comune che sembravano non avere niente a che fare con la Capoeira che gli stava insegnando.

“Eccoti qua ragazzo” gli disse poco dopo aver interrotto la musica “gioca Capoeira figlio mio, e ti raccomando, segui il ritmo!”

Pastinha lo guardò dubbioso, ma ormai aveva deciso di fidarsi di lui e non poteva certo tirarsi indietro.

Provò a mettere in pratica tutti i movimenti che Mestre Benedito gli aveva mostrato in quei giorni, ma sentiva che proprio non ci riusciva. Cercava di ricordare cosa faceva, ma era davvero difficile, il maestro era molto lento nei movimenti ma in qualche modo riusciva a passare velocemente da una posizione all’altra. Come ci riusciva era un mistero e lui proprio non capiva come mai il Mestre non gli aveva mai voluto dare qualche spiegazione in più.

Dopo qualche goffo tentativo, si bloccò come se fosse congelato.

Iniziava a sentire la rabbia e la frustrazione salire dentro di sé, perché proprio non capiva cosa fare e iniziava a pensare che stesse sprecando tempo prezioso.

“Cosa ti succede?” gli chiese Benedito, smettendo nuovamente di suonare

“non sono capace di fare come fai tu” … “non mi ricordo i passi” rispose lui.

Il Mestre si mise a ridacchiare allegro “non devi ripetere i miei passi , la mia Capoeira Angola può essere fatta solo seguendo la naturalità dei tuoi gesti, il tuo ritmo interno, devi sentirti libero figliolo, solo così imparerai a lottare a modo tuo”

“Ma quello che tu fai Mestre non c’entra niente con la lotta” rispose il piccolo Pastinha, confuso da ciò che non riusciva a capire.

Mestre Benedito non si sentì minimamente offeso dalle parole del giovane, si limitò a dire “coraggio ragazzo, gioca capoeira” e riprese a suonare e cantare. Pastinha non ebbe alternativa e provò a lasciarsi andare, infondo, era divertente muoversi in quel modo strambo per tutta la stanza e non aveva nulla da perdere.

Iniziava a prenderci gusto quando il Mestre, soddisfatto nel vedere il suo amato allievo lasciarsi andare, smise definitivamente di suonare.

“Continua a muoverti come prima ragazzo, non ti fermare” … “ascolta la musica nella tua testa” gli disse.

Pastinha iniziava a sentirsi del tutto a suo agio, aveva trovato il suo modo di muoversi nella stanza e non si preoccupò troppo quando Mestre Benedito si mise a muoversi insieme a lui.

Sembrava un allenamento come tutti gli altri giorni.

Tutto ad un tratto, però, il Mestre allungò il piede dietro alla sua caviglia e, con un movimento rapido e deciso, lo mise al suolo senza che nemmeno se ne accorgesse.

Il giovane Pastinha ci rimase di sasso. “Come diavolo ha fatto?” si domandò.

“Non stare li fermo amico mio” … “alzati e continua a giocare capoeira” disse il Mestre.

Ma non appena lui si alzò e fece qualche passo, ecco che di nuovo il Mestre lo fece cadere al suolo.

E così continuarono fino a sera, finché il saggio maestro non dichiarò terminato l’allenamento del giorno.

“Sei stato molto bravo oggi” gli disse “domani riprendiamo da qui”.

Pastinha si sentiva confuso, a lui non sembrava che tutto andasse per il meglio, però aveva smesso di mettere in dubbio ciò che il suo maestro gli insegnava, anche perché capiva che egli sapeva il fatto suo.

Il giorno seguente l’allenamento riprese allo stesso modo ma, questa volta, sorprendentemente il giovane Pastinha iniziava a prevedere quando il Mestre lo voleva far cadere e, a volte con un salto, altre schivando le sue spazzate riusciva a sfuggirgli.

Passarono i giorni e sempre di più Pastinha riusciva a schivare e prevedere i suoi movimenti in anticipo e si sentiva sempre più soddisfatto.

“Mestre Benedito” gli chiese ad un certo punto “quando imparerò a fare come te? Anche io voglio riuscire a far cadere l’avversario, così finalmente posso far cadere quel ciccione sbruffone”.

“Calma ragazzino” rispose lui “non provocare mai, fai in modo che l’altro si accorga pian piano di ciò che sai fare”

“Ho capito Mestre, le sono molto grato di averla incontrato”.

Arrivò la domenica e Pastinha si incamminò per andare a comperare il pane. Da quando aveva iniziato ad allenarsi nel cazuà del Mestre, era solito prendere un’altra strada, passando per un sentiero segreto che egli gli aveva suggerito. Non si sarebbe mai aspettato di trovare davanti a sé proprio il suo aguzzino, il quale, evidentemente, lo aveva spiato e seguito.

“Eccoti qui, ti ho trovato finalmente!” “dove ti eri nascosto piccoletto codardo?” “ora me la pagherai per tutte le volte che sei sfuggito da me”

Lui non rispose e si mise a gingare, suscitando una grassa risata del suo rivale. “Che cosa stai facendo piccoletto?” disse il ragazzaccio a Pastinha, ma lui lo ignorò.

Continuava a sentire il ritmo del berimbau nella sua testa e, attese che l’avversario facesse il primo passo.

Ecco che subito il ragazzaccio cercò di sferrargli un pugno, che lui schivò prontamente. Dopo il primo tentativo, ne seguirono altri e altri ancora. Calci, pugni, non sapeva più cosa provare per prendere Pastinha.

Il suo rivale iniziava ad essere stanco, il suo volto era rosso come un peperone, un po’ per lo sforzo e un po’ per la rabbia: non sopportava di essere beffato in quel modo. “Adesso gli faccio vedere io” pensò, prese la rincorsa e si lanciò verso di lui come per dargli uno spintone ma Pastinha lo schivò e, in qualche modo, riuscì a farlo cadere a terra, proprio come faceva il suo maestro. Ancora non credeva a quello che era riuscito a fare: senza nemmeno accorgersene, aveva appreso tutto ciò che gli serviva per affrontare il suo avversario.

Fu proprio in quel momento in cui Pastinha comprese meglio ciò che voleva dire quel vecchietto, incontrato un giorno per caso, quando gli diceva che Capoeira è un modo di pensare. Solo grazie alla pazienza, alla malizia, all’astuzia e alla furbizia degli africani dell’Angola si può avere la meglio nella lotta e nella vita.

Il giovanotto si alzò da terra, ancora stordito dalla botta della caduta e, con un filo di voce gli disse “ma come diavolo hai fatto? dove hai imparato a fare queste cose?”.

Pastinha lo guardò con compassione, finalmente era lui il vincitore, ma proprio non si sentiva a suo agio nella parte del cattivo. Decise allora di tendergli la mano ed aiutarlo a rialzarsi.

Da quel giorno in poi i due divennero persino amici, certo non di quegli amici inseparabili ma nutrivano una certa stima l’uno l’altro e si cambiavano calorosi saluti ogni qual volta che si incontravano per strada.

Passarono gli anni e Pastinha continuò a seguire il suo caro maestro che tanto gli aveva dato e molto aveva ancora da dare. Crescendo andò per la sua strada ma portò per sempre con sé sopratutto il concetto della Capoeira come un’arte amorevole, non perversa, un modo di fare e pensare come un altro, un’attitudine cortese che creiamo dentro di noi¹.

Divenne uno dei Mestre di Capoeira più importanti della storia. La Capoeira Angola vive ancora oggi grazie al suo grande lavoro e alla sua costante dedizione per fa sì che tutto il mondo sapesse come “essere zebra” ed usare la malizia e l’astuzia, al posto della forza.

Quanto sarebbe bello se il grande Mestre Pasthina sapesse che la sua Capoeira Angola, oggi, è conosciuta in tutto il modo e che tantissimi capoeirsti seguono ancora i suoi insegnamenti. Il Mestre sarà per sempre nei nostri cuori e ci ricorderà sempre che la Capoeira è molto di più di ciò che si può immaginare: Capoeira è tutto ciò che la nostra bocca può mangiare!

História do Mestre Pastinha – Mestre Moraes
Maior è Deus – Mestre Pastinha (ladainha)


Maior é Deus
Maior é Deus, pequeno sou eu
O que eu tenho
Foi Deus que me deu
O que eu tenho
Foi Deus que me deu
Na roda da capoeira
Grande e pequeno sou eu …


Dio è il più grande
Dio è il più grande, io sono piccolo
(Tutto) quello che ho
E’ stato Dio a darmelo
(Tutto) quello che ho
E’ stato Dio a darmelo
Nella roda di capoeira
Io sono grande e piccolo …